Tema non facile quello di oggi. Quindi vediamo di andarci cauti. Molto cauti.
Sta facendo parecchio discutere in Giappone, soprattutto negli ambienti legati alla cultura otaku di Akihabara e dei media dell’intrattenimento, la richiesta di revisione della legge sul divieto della pornografia infantile originariamente promulgata nel Sol Levante nel 1999 e poi modificata gia’ nel 2004. Ovviamente questo non vuol dire che gli appartenenti a questa sottocultura siano dei pervertiti. Sono tutti d’accordo sulla necessita’ e correttezza della legge, tanto per intenderci bene. Il problema nasce dal fatto che un comma della nuova revisione proposta dal partito di governo il dieci giugno prevede di mettere sotto sorveglianza chiunque venga colto con materiale “non reale” (manga, anime, CG eccetera) rappresentante minori per i successivi tre anni.
Considerato che molti fumetti ed animazioni hanno come protagonisti personaggi minorenni e la numerosa presenza di scene erotiche (ma non certo porno), molti sostengono che si arriverebbe a rischiare di esser controllati solo per avere avuto in mano uno dei primi volumetti di Dragon Ball (ricordate Bulma e il genio Mutenzo)? E che dire di prodotti come Strike witches della Gonzo (vedi qui) o Sky girls che, ok, possono piacere o meno, pero’ rimangono certo sempre ben distanti dalla pornografia infantile.
I membri della cultura otaku considerano quindi questa ingerenza governativa come lesiva e dannosa per la creativita’ e l’arte contemporanea giapponese del dopo guerra ed espressione della destra piu’ estrema.
Come dicevo, un argomento estremamente complesso…
Immagine, copertina di uno dei romanzi di Strike witches editi dalla casa editrice Kadokawa
Lug 14, 2008 @ 10:30:01
Io direi “non tutti” i membri della cultura otaku sono dei pervertiti.
Personaggi come il sordido Miyazaki (il porno-otaku cannibale, primo a portare all’onore delle cronache il termine otaku) o “il Demone della Rosa” (che vagava in bici per uccidere a martellate i disabili a Fukuoka) lasciano supporre che una percentuale di deviati nella cultura otaku ci sia.
Come in ogni sottocultura.
Piuttosto mi domando a fronte di cosa sia stato proposto il giro di vite – semplice sterzata a destra della politica interna nipponica, o autentica emergenza mangamaniaci?
Il fatto è che se decidono di controllare per tre anni TUTTI, i giapponesi lo fanno davvero.
Lug 14, 2008 @ 23:41:39
Li’ c’e’ un problema di fondo. I poco simpatici due elementi citati sono diventati, in un certo senso, otaku per etichettatura dall’alto. Nel senso che le autorita’ gli hanno ricamato sopra un’immagine che, secondo loro, corrispondeva a quella canonica del nerd locale (brutto, sporco e spostato). Ovvero, non si e’ passati dall’immagine dell’otaku a quella del pervertito, ma invece si e’ assunto l’assioma che se sei un pervertito sei di conseguenza un otaku. E per dimostrarlo basta trovare dei manga e giochi erotici a casa tua. E’ lo stesso che e’ appena accaduto con la vicenda dell’accoltellatore di Akihabara. Evidentemente una persona con seri problemi, ma non necessariamente un otaku “vero e proprio” come media e polizia sono corsi a definirlo.
Bisogna inoltre tener conto che la cultura (o subcultura che dir si voglia) otaku non e’ qualcosa di immutabile nel tempo. Gli otaku di vent’anni fa e quelli di adesso sono differenti. Ci sono parecchie ragazze (il termine otaku non e’ piu’ un appannaggio dei soli individui maschi; si e’ quindi visto sorgere zone come Nakano Broadway e la figura della fujoshi) e che un otaku abbia la fidanzata e’ oggi abbastanza normale. Inoltre molti hanno pure dei buoni lavori (ci sono farmacisti, medici eccetera).
Il perche’ gli organi costituiti si rifacciano sempre ad un modello di otaku pervertito e la ragione dei giri di vite sta probabilmente nel fatto che la criminalita’ infantile e’ aumentata parecchio in questi ultimi anni – senza contare gli episodi di follia – e, piuttosto che andare a cercare ed intervenire sui problemi reali, diventa piu’ semplice organizzare una dimostrazione di forza ad uso della popolazione, dire che questi elementi turbati sono frutto di una sottocultura corrotta e degenere (ritorniamo ai vecchi e sani costumi, tanto per intenderci – che certo fa intravedere una certa influenza della destra sulla questione; non dimentichiamoci che il prefetto di Tokyo e’ lo spesso molto criticato scrittore Ishihara Shintaro). Una dimostrazione del controllo dello stato su questi fenomeni che, in realta’, restano invece ingovernabili.
Fare un’analisi accurata del fenomeno e’ certamente molto complesso. Ci sono, in Giappone, molti interessanti libri sull’argomento trattato da vari punti di vista (sociologico, psicologico, letterario), che comunque non riescono ancora e mettere a fuoco la situazione, quindi pensare di riuscirci in un solo post e’ perlomeno risibile.
Ad ogni modo, molto probabilmente l’inasprimento dei controlli si lega sia all’aumento rispetto al passato di azioni violente di singoli e gruppi che ad una certa ripresa di forza della destra.
Lug 15, 2008 @ 09:23:24
Lug 17, 2008 @ 08:53:26
Proprio in questi giorni, sto traducendo (malvolentieri, lo ammetto) un manga (e non si tratta di un hentai) in cui sono appena comparse due gemelline sadomaso con visini angelici da fanciulline… Vederle in certi atteggiamenti o tradurre alcuni dei loro dialoghi devo ammettere che, personalmente, mi crea parecchio disagio, a tratti del disgusto. Ma riesco anche a rendermi conto razionalmente che il materiale in questione, come dici tu di altre opere, non ha nulla a che spartire con la pedofilia vera e propria.
Questi argomenti sono sempre delicati, perché è difficile stabilire dei confini netti e si rischia di cadere in un’indiscriminata “caccia alle streghe”. D’altro canto, è vero anche che in certe librerie giapponesi il “confine”, inteso anche in senso strettamente spaziale (vicinanza di scaffali, facile accesso, ecc.), tra fumetti innocui e fumetti discutibili è labile: più di una volta mi è capitato di imbattermi in manga dall’aria apparentemente infantile e kawaii (alla Yotsuba, per intenderci) e accorgermi, una volta sfogliati, che dell’infanzia avevano invece una visione deviata e perversa. Qualche provvedimento andrebbe di certo preso. Il problema è il come.
Lug 17, 2008 @ 10:04:52
Ricordo l’intervista imbarazzata di un otaku locale che, alla domanda se i roricon non fossero in fondo pedopornografia (per lo meno borderline) rispose in un balbettio spiegando che, essendo la struttura fisica dei giapponesi radicalmente diversa da quella degli occidentali, le ragazzine apparentemente minorenni dei Lolita Complex sono in effetti tutte maggiorenni.
È solo che le giapponesi di trent’anni sembra che ne abbiano quattordici.
No, davvero.
Mi domando ora – senza voler essere polemico – con cosa abbiano a che vedere le due gemelline sadomaso coi visini angelici se non con una forma – più o meno leggera – di titillazione sessuale.
Il problema non è la caccia alle streghe.
Il problema è la sostanziale desensibilizzazione che i fruitori di materiale pornografico subiscono, spesso senza accorgersene – e che può avere effetti estremamente negativi, anche quando lo spettacolo fornito è di classe e buon gusto, in un certo numero di casi.
In questo senso, il progetto giapponese di controllo prolungato – per quanto assuma contorni da 1984 – è interessante perché potrebbe per la prima volta fornire dati a supporto o discredito dell’opinione diffusa fra specialisti, che una dieta quasi esclusiva di materiale pornografico possa compromettere le capacità decisionali e la percezione della realtà in soggetti particolarmente sensibili.
Lug 17, 2008 @ 11:09:06
@davide
Indubbiamente la figura delle gemelline lolite-sadomaso rientra in una precisa categoria di richiamo erotico. Nel manga in questione, credo venga usata dall’autore, insieme ad altri personaggi, non come fine a se stessa bensì come una sorta di auto-parodia delle perversioni giapponesi, all’interno di un contesto più ampio. Che sia questo o meno l’intento, personalmente lo trovo di pessimo gusto, ma allo stesso tempo non mi viene da classificare l’opera o i suoi fruitori sotto la categoria “pedofilia” o affini. Categoria che invece ho sempre attribuito agli hentai rorikon veri e propri.
Comunque, il discorso sulla “desensibilizzazione” è interessante e mi dà da pensare. In fondo, anch’io come traduttrice mi accorgo che pagina dopo pagina finisco per “fare l’abitudine” a un immaginario perverso che non riconosco e che disapprovo. E che probabilmente in ambiti esterni al fumetto giapponese giudicherei ben più pericoloso.
In conclusione, non vedo l’ora di passare a tradurre un innocuo shojo! 😉
Lug 17, 2008 @ 13:26:53
Sentimenti condivisibili.
Quello della desensibilizzazione del pubblico è un discorso lungo e complicato che coinvolge tutti gli elementi “estremi” della narrativa – non solo il sesso ma anche la violenza e l’orrore.
Esiste una legge della contrazione degli utili (lo sa bene chi si occupa di marketing) – se ti dò due gemelle lolite sadomaso oggi, nel prossimo lavoro dovrò dartene quattro, o farti vedere di più, o di peggio.
In parallelo, il fruitore rimane come anestetizzato – allo shock della prima volta segue l’instaurarsi di un tran-tran dal quale si sfugge solo cercando di più, e più forte.
E anche la percezione della realtà ne viene intaccata – ci sono casi di cronaca anche da noi in Italia che lo dimostrano.
Insomma, un po’ di censura non fa male.
Ma chi decide quanta, e cosa?
Ah, un bel problema.