Va notato come spesso nelle storie di vampiri degli autori nipponici il protagonista non sia ne’ il revenant ne’ gli uomini, ma piuttosto un cacciatore di mostri (frequentemente in parte umano ed in parte essere sovrannaturale). Il dilemma etico si sposta quindi su quale delle sue due nature egli debba seguire e sulla riflessione se valga o meno la pena rischiare la vita e persino l’anima per proteggere il genere umano.
Il cacciatore, in quanto essere ibrido, e’ un “unicum” e spesso molto piu’ solo degli stessi vampiri che invece hanno dei compagni.
Altro punto essenziale, e’ l’approccio verso la religione cattolica. Seppure trattata con rispetto, gli scrittori giapponesi riescono ad utilizzare visioni e idee difficilmente praticabili dagli autori occidentali come si puo’ osservare sia nel caso del ciclo Ryu no mokushiroku della Shinoda che in quello della serie composta di sette romanzi e sei raccolte di racconti Trinity Blood, altra opera estremamente interessante, del compianto Yoshida Sunao morto a soli trentaquattro anni – complice anche lo stress da sopralavoro – e ritenuto una delle promesse del fantastico giapponese.
Trinity Blood verte sullo scontro in un lontano futuro tra l’Impero dei vampiri ed un Vaticano guidato da papa Alessandro XVIII, praticamente un ragazzino, con donne che possono essere elette cardinali e dove l’autore trae un forte spunto dalle vicende rinascimentali italiane . Curioso poi il fatto che i vari personaggi, a dispetto del loro aspetto, siano quasi tutti preti e suore…
I volumi in traduzione inglese hanno cominciato ad uscire per la TOKYOPOP a partire da aprile 2007.
Davide
Dic 02, 2007 @ 14:46:41
Sul fatto che mettere in una storia delle suore in guepiere sia trattare con rispetto la religione cattolica, conosco un paio di inquisitori che tenderebbero a dissentire.
Li ho qui e te li mando – anche perché il puzzo di kerosene dei loro lanciafiamme comincia ad appestarmi ilsoggiorno.
Scherzi a parte – i giapponesi hanno un approccio molto pragmatico alla religione, per cui se alcuni elementi servono per fornire esotismo o credibilità ad una storia, non hanno problemi a cooptarli.
E nessuno va aprenderli a bastonate (son passati i tempi dei monaci combattetti di Ikko-ikki).
Una volta erano così anche gli anglosassoni – si vedano appuntole suore in guepiere di Brian Talbot o romanzi come Buone Notizie dal Vaticano o Cosa Nostra che Sei nei Cieli.
O il grandissimo Alba delle Tenebre (che Mondadori tradusse ma poi mandò al macero anziché distribuirlo perché “troppo scandaloso”).
Ora le cose sono cambiate – non tanto nell’atteggiamento degli scrittori, quanto in quello di pubblico ed editors.
Le idee feroci ci sono ancora – ma non sono bene accette.
Massimo
Dic 04, 2007 @ 17:48:20
Si’, credo il post sul tuo blog li abbia proprio inviperiti. Ma no, poi in Trinity Blood praticamente la religione ufficiale di tutto il mondo e’ il cristianesimo (gli altri sono pochi eretici…). Ergo non dovrebbero esserci lamentele. Che vuoi che sia qualche guepiere in piu’ o in meno…
Certo con preti e suore simili andare in chiesa sarebbe un’avventura.
Seriamente, i giapponesi sono molto pragmatici – Shinoda temeva che il suo racconto sui vampiri creasse qualche problema (quand’e’ uscito si era nel pieno del caso Codice Da Vinci) e nel momento in cui le ho detto di non preoccuparsi lei serafica ha risposto: “Beh, in fondo se vi scomunicano sono problemi vostri”…
Sudore freddo!
Difficile oggi proporre cose simili in Occidente.
Ma anche in Giappone gli scrittori hanno parecchi problemi con l’utilizzo delle parole che sono ritenute offensive. Famoso e’ il caso del primo volume di Guin Saga che ha scatenato le ire delle associazioni per la cura della lebbra perche’ il “cattivo” della storia soffriva di una malattia dalle stesse caratteristiche e ravvisavano una discriminazione!